giovedì 21 febbraio 2008

GIU’ LE MANI DAI NOSTRI CORPI!


Assistiamo ormai ogni giorno a continui casi di attacco alla 194 e alla libertà delle donne nell'esercizio dei loro diritti fondamentali. Assistiamo ormai ogni giorno all’ingerenza della Chiesa romana nel campo delle scelte individuali e nell'ambito politico. Emblematiche in questo senso sono le polemiche scatenate dall’invito di Ratzinger alla Sapienza per l’inaugurazione dell’anno accademico, polemiche nate dalla legittima opposizione di docenti e studenti alla presenza di un papa che ha fatto dell’attacco all’autodeterminazione il suo cavallo di battaglia, ma che quel giorno, con nostro immenso piacere, è dovuto rimanere dietro le colonne di Piazza San Pietro.

Ma nei giorni scorsi abbiamo assistito inorriditi ad un’escalation di veri e propri assalti verso la libertà di ogni donna, così come di ogni persona, di poter gestire la propria vita ed il proprio corpo: è sufficiente una telefonata anonima a proposito di un aborto clandestino per far irrompere i carabinieri nelle corsie di un reparto di ostetricia dell'ospedale di Napoli. A questo è seguito il sequestro del feto, abortito per ragioni terapeutiche, come previsto dalla legge sull'IVG, e l’interrogatorio alla madre appena uscita dalla sala operatoria.

Una parola sola ci viene spontanea: VERGOGNA!

Nei giorni successivi all’episodio, alla recettività con cui le forze dell’ordine hanno attivato i propri uomini per fare scoppiare il caso, al pm accondiscendente , a Giuliano Ferrara e ai suoi testicoli troppo piccoli abbiamo risposto in migliaia in ogni città d’Italia, e state pur certi che non è finita qui.

Ancora una volta un semplice caso, che però, posto in relazione alle proposte di revisione della 194 (con Ferrara che propone una lista anti-abortista per le prossime elezioni politiche) e con la legge che, proprio qui in Veneto, in Consiglio Regionale sta provando ad approvare da mesi; secondo quanto la legge di iniziativa popolare n. 3 propone, dovrebbero essere ammessi negli reparti di ostetricia e ginecologia, oltre che nei consultori familiari, esponenti dei movimenti anti-abortisti, in prima fila il Movimento per la Vita.

Quello che una donna attraversa quando entra in un consultorio è già estremamente difficile, lo stress psicologico che bisogna affrontare è tanto, e ancora di più quando, come accade in ogni consultorio padovano, ci si imbatte in medici obiettori di coscienza, che quindi possono rifiutarsi, per ragioni deontologiche, di prescrivere la pillola del giorno dopo o autorizzare la procedura di aborto. I dati del Ministero della Sanità, oltre che il buonsenso, dimostrano quanto poco siano vere le parole di questi medici: ma quale donna usa l'IGV come metodo contraccettivo? Come si fa a pensare che una cosa così pesante sia per il corpo che deve subirla, sia per la componente psicologica che entra in gioco possa essere presa sotto gamba? Nel 99% dei casi ci sono condizioni di reale impossibilità di tenere il bambino, complicazioni mediche per la madre o il figlio e cause esterne (stupri, violenze) che portano ad una scelta così traumatica. E invece una ragazza che va a chiedere la pillola del giorno è costretta ad affrontare l'assalto da parte del medico obiettore, sentendosi insultare in un momento che per lei è di estrema debolezza e fragilità. Perché questi medici, che stanno svolgendo un servizio pubblico, non lo dimentichiamo, possono decidere di opporsi alla scelta di una persona che a loro si rivolge in cerca di aiuto? Cosa accade in una situazione come quella padovana in cui nei consultori e in ospedale puoi imbatterti in interi turni senza un medico non obiettore? È evidente che la scelta di questi medici ricade direttamente sulla libertà di scelta delle donne, ed impedisce la garanzia imposta dalla legge 194. Salvo poi ricordare tutti i casi per cui sono obiettori nel loro svolgimento di servizio pubblico, ma poi operano senza problemi nelle cliniche private, e quindi a pagamento. La 194 va difesa, ma la difesa di questa norma, ottenuta con anni di lotte femministe in tutta Italia passa anche per la richiesta di garantire che i servizi necessari possano svolgere la loro funzione integralmente.

Ribadiamo con forza che ogni persona deve poter decidere sul proprio corpo senza costrizioni teologiche di sorta, che la Chiesa non deve avere la possibilità di gestire a piacimento la vita politica di questo Paese, e che la moratoria di Ferrara è un attacco alle libertà civili che in questo Paese sono state conquistate ormai trent’anni fa dalla forza e dalla rabbia che le donne avevano mostrato al ceto politico dell’epoca.

Siamo pronti dunque a scendere di nuovo in piazza per difendere la libertà di ognuno di autodeterminarsi, senza che preti e suore, laici o meno, presenzino nelle corsie degli ospedali e nei consultori.

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