giovedì 4 dicembre 2008

UN GIORNO DI FUO.CO.



Padova, 4 Dicembre 2008
UN GIORNO DI FUO.CO.
Dopo quasi un anno dall’ultimo sgombero, ieri 3 dicembre, come attivisti del Collettivo scienze politiche- Laboratorio Fuo.Co. abbiamo occupato uno stabile in disuso da cinque anni, in Via Beato Pellegrino 204, di proprietà del Comune di Padova, per dare spazio ai nostri progetti di inchiesta, autoformazione a ricerca sulle nuove forme di controllo sociale e le politiche securitarie che sempre più governano le nostre città e le nostre vite. Il sindaco Zanonato, nonostante le nostre ripetute e continue richieste di dialogo e di apertura di un tavolo di trattativa sulla questione degli spazi, non si è nemmeno degnato di comunicare con noi ed ha firmato questa mattina un’ordinanza di sgombero dello stabile che abbiamo occupato.
Alle 13 sono arrivati una decina di agenti DIGOS che, senza nessun preavviso nè spiegazione, ci hanno aggredito a calci e pugni, trascinandoci fuori e costringendoci a uscire dallo stabile. A sgombero avvenuto è arrivato un vigile urbano che, “tempestivamente”, ha notificato lo sgombero mentre sopraggiungeva una camionetta della celere. Subito dopo ci siamo diretti verso palazzo Moroni, sede del Comune di Padova, per chiedere spiegazione dell’improvviso e violento sgombero. Sul luogo si trovavano già diversi agenti DIGOS e due volanti della polizia. All’interno del cortile, la polizia coadiuvata da zelanti vigili urbani, manganelli alla mano, ci ha respinto sul cancello placcando e fermando un nostro compagno. Abbiamo subito e con forza dato vita ad un presidio molto determinato a richiedere la liberazione del nostro compagno fermato, venendo ripetutamente caricati dalla polizia e dal reparto celere arrivato dalla Questura. Nelle cariche sono stati coinvolti anche passanti inermi che tornavano dalla spesa al mercato e quattro studentesse che hanno riportato ferite e contusioni alla testa e alle braccia con prognosi tra gli 8 e i 10 giorni, tra cui una ancora in osservazione in ospedale.
Denunciamo con forza chi ancora una volta dimostra di utilizzare le forze di polizia per trincerarsi dietro questioni di ordine pubblico invece che affrontare le reali esigenze della città che amministra. Denunciamo l’estrema gravità del comportamento del sindaco Zanonato, completamente sordo alle richieste di spazi di agibilità da parte degli studenti e dei precari, un sindaco che dimostra in ogni ambito la propria deriva repressiva e poliziesca attraverso politiche securitarie, militaresche nelle strade e polizia per schiacciare ogni forma di conflitto e mobilitazione nella città.
Noi la crisi non la paghiamo
Il FUO.CO. non si spegne
Laboratorio FUO.CO. - Collettivo Scienze Politiche – Fuxia block
Guarda il video della giornata su www.senzatv.com; Per info e solidarietà collettivoscipol@hotmail.com

martedì 21 ottobre 2008

Bologna Pride 2008

Video inchiesta del Fuxia Block al Bologna Pride del 28 Giugno, all'interno dello spezzone Queeringbo "Per un 28 Giugno de-genere". Autodeterminazione, laicità, sicurezza e libertà sono i temi delle interviste, fuori dagli schemi delle rappresentazioni sociali e storiche del genere e della sessualità, e soprattutto contro ogni forma di controllo sociale o normativo sui nostri corpi.

martedì 8 luglio 2008

COMUNICATO POST PRIDE: SIAMO IRRAPPRESENTABILI!

A distanza di una settimana dalla partecipazione al Pride nazionale di Bologna riteniamo di inserirci nel dibattito che si è scatenato in conseguenza dei fatti di piazza VIII agosto.
Abbiamo visto nell'evoluzione della costruzione di questo Pride la possibilità per noi, collettivo biopolitico che da un paio d'anni lavora sull'autodeterminazione e sulla decostruzione del concetto stesso di genere come identità fondamentale, di partecipare alla giornata tradizionalmente dedicata all'orgoglio omosessuale aderendo allo spezzone Queer.
Non facendo parte del movimento bolognese ci siamo ritrovati a leggere nel primo comunicato di Arcigay successivo al Pride delle accuse direttamente rivolte a Facciamo Breccia e ai suoi militanti che ci appaiono decisamente inquietanti se riportate nell'ambito di una realtà quotidiana come quella in cui stiamo vivendo oggi dove discriminazioni, razzismo, omofobia e fascismo si stanno intensificando rapidamente. La continua offerta di controllo sociale mascherato da pretestuosa sicurezza è la forma con cui oggi ogni dissenso, differenza, identità altra rispetto a ciò che è il modello tradizionale oramai putrescente, prova ad essere soppresso e ridotto a silenzio.
Perché durante un appuntamento come quello del 28 giugno qualcuno, nascondendosi dietro alla sigla "organizzatori del Pride", ha ritenuto suo compito stabilire chi ha diritto o meno di parola?
L’utilizzo di formule come “la non violenza è la discriminante per poter appartenere a pieno titolo al movimento lgbt” sono chiarificatrici di qual è il ruolo che qualcuno vorrebbe provare ad avere, ma nessuno può arrogarsi il diritto di stabilire quali sono le discriminanti per far parte di un movimento! Andrebbe ricordato che per essere movimento non sono necessarie – né auspicabili – tessere di alcun genere.
L’origine dell’arresto di Graziella sta nella scelta di non permettere ad una parte consistente del corteo di prendere parola sul palco, nascondendosi dietro al fatto che quello striscione “non era previsto”. Apprendiamo dal comunicato di Facciamo Breccia che anche l’area dietro il palco era presidiata dalla polizia.
Ma quando mai, voi pretesi rappresentanti del movimento LGBT, avete visto un servizio d’ordine gestito dalla polizia? (peraltro, qual è lo scopo di un servizio d’ordine ad un Gay Pride?)
Quali pratiche di movimento prevedono “immediate e ferme conseguenze in tutte le sedi politiche e giuridiche”?
Ci sembra che Arcigay e Arcilesbica stiano utilizzando nel modo più becero l’accusa di violenza contro chi ha tentato, come ogni giorno, di manifestare il proprio dissenso già reso noto durante la costruzione del Pride e fondato sulla neutralità dell’appello proposto dagli organizzatori, dissenso in cui ci siamo ritrovati anche oltre le posizioni di Facciamo Breccia, diverse dalle nostre negli specifici contenuti che abbiamo voluto portare al Bologna Pride.
Quest’accusa di violenza è quella che sempre da esponenti delle stesse associazioni e degli stessi partiti ci siamo sentit* fare anche durante le contestazioni a Ferrara dei mesi scorsi. E cos’è più violento? La scelta di mettere i propri corpi in gioco nelle strade oppure imporre ai corpi delle donne decisioni di altri?
Non è questo il modo di porsi davanti al movimento italiano LGBTQ. Non è accettabile l’uso del paradigma securitario in un ambito che forse era tra gli ultimi a non esserne ancora contagiato. Questo non può che confermare a chi, come noi, non vuole rinunciare ad esprimere le proprie posizioni, che dobbiamo continuare a costruire dal basso un’opposizione forte perché effettivamente nemmeno un Gay Pride è più “sicuro”.
Chi ha fatto la scelta di far intervenire le forze dell’ordine per dirimere un problema strettamente interno al movimento sembra non rendersi nemmeno conto delle conseguenze che questo modo di fare può avere; il nostro modo di prendere decisioni è assembleare, non gerarchico, né poliziesco, ci dispiace doverlo far notare, ma è proprio questo che vi impedisce di rappresentare un movimento: non vogliamo, né abbiamo bisogno di essere rappresentati!
Ancora una volta l’associazionismo legato ai partiti ha dimostrato quanto più gli interessa fare i conti con i propri tesserati piuttosto che con la partecipazione dal basso, ontologicamente eterogenea e quindi sorgente di dissenso.
Sconcertati da questa querelle avremmo voluto che le discussioni successive al Pride bolognese vertessero sui contenuti, a nostro parere nuovi e stimolanti che proprio in questa occasione, per la prima volta ritroviamo più vicini al nostro percorso politico. Vorremmo ripartire da una discussione interna al movimento sulla questione queer, che sta cominciando a trovare spazi anche in appuntamenti nazionali com’è stato quello di sabato scorso.
Alla luce di tutto questo, la nostra scelta non può allontanarsi da quelle fatte finora: continueremo a costruire un movimento libero, laico, autodeterminato.

lunedì 7 luglio 2008

…LibreMente en un cuerpo libre…

Aborto, fecundación asistida, unión civil de parejas homosexuales...una vez más temáticas que atañen al control de nuestros cuerpos y a la posibilidad de autodeterminarnos se representan en un escenario político, de pseudos debate, que ha intentado colmar – o bien cerrar- un discurso.
Derecha e izquierda en una competencia que tiende a realzar la censura, negación, prohibición, contención y ordenamiento de la libertad de elección y de la ingobernable búsqueda de satisfacción de los deseos que atraviesan, y se producen a nivel social.
Nuestros cuerpos, una vez más, se inscriben como mercancía y son objeto con valor de cambio en campañas electorales y juegos de poder, cuyo objetivo es gobernar la vida y prevenir la posibilidad de “nuevos conflictos”, negando –a través de un discurso anacrónico y metafísico- aspectos de la autodeterminación indiscutiblemente presentes –o ya conquistados- en la realidad.
Han intentado marginarnos en batallas de resistencia y censurar la reivindicación de libertades ya en acto: han competido un grave error!
Mientras el residuo de la izquierda italiana aceptaba sentarse a discutir, sobre el destino de gran parte de nuestras libertades, en un escenario burdamente hegemónico, fuera de los palacios de gobierno se desplegaban y representaban conflictos que han traspasado los límites de la dialéctica de la diferencia de género, de los derechos, de la identidad.
Estamos proponiendo al debate político una perspectiva diversa, que parte desde la autonomía como toma de posición sobre la cual ninguna norma civil o penal puede decidir por nosotros. Partimos desde la autodeterminación como apertura de una infinidad de posibilidades, de deseo y de formas de relacionarnos, desde el laicismo como conflicto irrenunciable de frente al poder y legitimación de dogmas oscurantistas y censuradores.
Nuestra propuesta política se dirige a una superación de las identidades estáticas e impuestas, de los estereotipos morales y jurídicos que nos representan y controlan, para experimentar nuevas formas de autodeterminación –irrepresentables- y mantener abiertas todas las posibilidades de expresión, cambio, crítica y deconstrucción de nuestra subjetividad.
Aún cuando algunas dediciones legislativas puedan parecer necesarias y abiertas a los cambios que la sociedad experimenta, la voluntad de normar cualquier aspecto del nuestro vivenciar personal/íntimo/sexual/subjetivo corre el riesgo de portar una voluntad de especular, contener y limitar la libre posibilidad de elección. Cualquier dispositivo de comando biopolítico contiene inevitablemente formas de discriminación, de exclusión y represión de la diversidad, de imposición de modelos de vida homogéneos y homologables.
Las leyes que gobiernan la vida y la reproducción signan roles públicos y privados, y definen la legitimidad y los límites de las relaciones, cuestión que compete a tod*s y que tienen un impacto en la posibilidad, que tiene cada sujeto, de autodeterminarse y elegir libremente la forma en que desea vivirse su sexualidad.
No es posible hoy aceptar la reducción de las diferencias -inclasificables e incalculables- a categorías identificables e identitarias que reproducen un orden, un esquema “natural” y jerárquico de las relaciones humanas.
Precari*, gay, migrant*s, lesbicas, trans…y todo aquello que cada un de nosotros desea expresar...los limites flexibles de la ciudadanía no son sólo sexuados. Se mueven continuamente definiendo lugares de inclusión y exclusión, legitimidad y trasgresión, peligrosidad y victimización. Categorías que insisten sobre el temor y la exclusión del diverso, y que se nos presentan como una decisión obligada: encerrarnos en “reserva indígena” para preservarnos y tutelarnos o vivir en ciudades-cárcel para controlarnos. Este es el orden y la seguridad de la cual todos hablan como inevitable camino hacia la protección; pero la única seguridad que tenemos es que sea cada sujeto que se autodetermina, a partir de sus propios deseos y exigencias, desde sus propias inclinaciones temporales o permanentes, que debemos intentar definir y ejercer una nueva ciudadanía no identitaria, es decir flexible, mutable y, por lo tanto, resistente a las transformaciones subjetivas e históricas de las cuales somos protagonistas, y no espectadores, en cada momento de nuestras vidas.

FUXIA BLOCK
JUNIO 2008

www.fuxiablock.blogspot.com

Fuxia Block: free mind in free body

Abortion, fertility treatment, marriage between gay and lesbian couples…
Self-determination and control over our own bodies has been a crucial issue for months in Italy and has now ascended to a political no-holds-barred fight .
In the past few years we have watched a race between right and left wing parties, both using different approaches to marginalise those who challenge gender roles. We have seen a combination of propaganda and restrictions on freedom of choice, despite the clear societal resistance to patriarchy and unstoppable nature of gender liberation.
Our bodies have been turned into commodities for electoral campaigns and political power play. Their objective is always the same: to rule people’s life choices and resist well-established currents of social change.
There is always a big gap between social currents and laws. Politicians have tried to roll back freedoms people had already started living, even without a legislative approval. But they have made a big mistake, while some left wing parties stooped to playing the political power games used by the right wing parties, a new kind of fight had already started outside the political centre, and it aims to break the mainstream social confines of gender rights and identity.
An alternative to the mainstream political debate has arisen encompassing radical perspectives on these issues, starting with individual autonomy and self-determination as an open road for realising an infinite spectrum of desires and relationship practices within society. The realization of laicism (the process of making clerical controls on social institutions impotent) in society will destroy the powerful but illegitimate religious dogmas which ruin lives daily.
We can liberate ourselves from identities imposed by authorities to marginalise and divide us. We can experiment with new ways of self determination, permitting every form of self-expression, growth, and change. We can question society and our perception of our own identity. However we need to be wary of legislative acts which appear to be in line with the will of the people, these are often loaded with hidden agendas to curtail gender and sexual freedoms while giving the illusion of political change.
Those in power make use of propaganda to subjugate minorities, they use moralistic arguments, stigmatization, and perpetuation of guilt complexes to marginalise such groups. These practices sow the seeds of discrimination and are used to justify and pander support for restrictive reproduction laws.
These laws which rule and restrict our reproductive rights, which assign ‘public’ and ‘private’ roles, that define the limits and the approbation of OUR relationships affect every person within society. It is not possible to reduce the rainbow of human diversity to recognisable categories, the uniqueness of each human being is unclassifiable.
40 years ago the raising of women’s consciousness forced the concept of gender equality in to the mainstream, and the contradiction of universal citizenship in a world favouring the white, christian man became self-evident. This opened a fracture in society where women could fight for their right to be represented as citizens. Nowadays these fractures have multiplied as people representing innumerable gender roles and identities are willing to fight for representation whilst forming a unified solidarity movement.
Within society people should be able to choose their own identity, a hybrid of concepts and ideas as they so wish. However society and common culture is continuously defining what people should and should not be; what is forbidden and what is sanctioned. As a result it is safer for people to stay within these imposed identity confines in order not to suffer stigmatisation or the wrath of the law.
The moralising imposed by authority does not just apply to sexual orientation any more, many groups are affected whether they are people in precarious jobs, gays, migrants, lesbians, transgender, or bisexual. Authority continually defines inclusion and exclusion, legitimacy and deviance, ‘danger’ and victimisation.
This is the current order, a divide and rule strategy used under the guise of “reassuring” society from what those in power see as a threat. These categorisations plays on people’s fears and serve just to exclude those who are different.
On the contrary, we retain that to build a new society free from assigned roles, we need to start with self-determination and nurture the desires and needs of every human being. This new way of living out relationships will be flexible, adaptable, autonomous, and so resistant to political currents in which we are the protagonist and not just audience, in every moment of our existence.

mercoledì 25 giugno 2008

Bologna, Per un 28 giugno de – genere: LiberaMente in Libero Corpo



Aborto, fecondazione assistita, DICO…. da mesi ormai il tema del controllo dei corpi e dell’autodeterminazione di ognun* è sul piatto di una partita politica senza esclusione di colpi.
Da destra a sinistra abbiamo assistito ad una gara al rialzo nel negare, censurare, vietare, arginare e ordinare -ovvero negare- la libertà di scelta e l’inarrestabile ricerca di soddisfazione dei desideri che attraversa ormai tutta la società.
I nostri corpi sono diventati ancora una volta merce di scambio per campagne elettorali e giochi di potere in cui tutti hanno lo stesso obiettivo: governare la vita e prevenire i nuovi conflitti per l’autodeterminazione che già stavano ribollendo sotto ai loro piedi. Hanno provato a schiacciarci su battaglie resistenziali per censurare la rivendicazione delle nuove libertà che già stavamo praticando, inesorabilmente, nella realtà.
Ma hanno fatto un grosso errore. Mentre la parte residuale della sinistra accettava di sedersi al tavolo con le stesse regole, fuori dai palazzi si è dispiegato in più occasioni un conflitto nuovo che ha spezzato i confini della dialettica dei generi, dei diritti, delle identità.
Stiamo proponendo al dibattito politico una prospettiva diversa, che parte dall’autonomia come presa di posizione sulla quale nessuna norma civile o penale può decidere alcunché, dall’autodeterminazione come apertura di infinite possibili declinazioni di desideri e pratiche relazionali, della laicità come conflitto irriducibile a dogmi oscurantisti e censori. Ci siamo liberati dalle identità statiche per sperimentare nuove forme di autodeterminazione e tenere aperte tutte le possibilità di espressione, cambiamento, crescita o messa in discussione delle nostre soggettività. Anche quando sembra che le scelte legislative possano aprirsi ai cambiamenti della società, dei comportamenti e delle scelte, la volontà di normare qualunque aspetto del vivere personale e sessuale cela la speculare volontà di contenere e limitare le possibilità di scelta. Qualunque dispositivo di comando biopolitico contiene necessariamente al suo interno forme di discriminazione, di repressione della diversità e imposizione di modelli di vita omologanti.
Le leggi che governano la vita e la riproduzione, che assegnano ruoli pubblici e privati, e definiscono la liceità e i limiti consentiti alle relazioni, riguardano tutt* e vanno ad incidere sull’autodeterminazione di ogni soggetto che abbia scelto la propria sessualità liberamente.
Non è più possibile ridurre differenze inclassificabili ed incalcolabili a categorie riconoscibili e che riproducano ordinatamente uno schema “naturale” e gerarchico delle relazioni umane.
Se è vero che quarant’anni fa la presa di coscienza delle donne ha messo in evidenza la contraddizione della neutralità della cittadinanza universale, disegnata intorno all’uomo bianco, cristiano etc, aprendo una frattura nella rappresentazione dei diritti di cittadinanza stessi imponendo la loro presenza sessuata, lo è altrettanto il fatto che oggi quella frattura si è moltiplicata. Corre lungo le innumerevoli linee di ruoli e identità spezzate dalla crisi della cittadinanza e dalla modernità liquida. Identità che si sovrappongono, si cumulano, si annullano a vicenda. La nostra prospettiva parte dalla materialità dei conflitti che si esprimono nelle pratiche e che percorrono i luoghi reali in cui viviamo. Pratiche che ognuno di noi agisce attraversando ruoli, identità meticcie, inclinazioni diverse.
Precar*, gay, migrant*, lesbiche, trans gender e tutto ciò che ognuno di noi vuole esprimere… i confini flessibili della cittadinanza non sono più solo sessuati. Si spostano continuamente definendo inclusione ed esclusione, legittimità e devianza, pericolosità e vittimizzazione. Categorie che insistono sulla paura e sull’esclusione del diverso, e ci costringono alla scelta obbligata tra il chiuderci in riserve indiane per tutelarci o in gabbie metropolitane per controllarci. Questo è l’ordine e questa è la sicurezza di cui tutti ci parlano per rassicurarci; ma l’unica sicurezza che abbiamo è che sia dall’autodeterminazione di ogni soggetto, a partire dai suoi desideri e dalle sue esigenze, dalle sue inclinazioni temporanee o permanenti, che dobbiamo provare a definire una nuova cittadinanza non identitaria, flessibile, adattabile e quindi resistente alle trasformazioni soggettive e storiche di cui siamo protagonisti e non spettatori in ogni fase della nostra vita.

lunedì 2 giugno 2008

Un esprit LIBRE dans un CORPS LIBRE

Avortement, fécondation artificielle, mariage entre homosexuels.. Au cours des derniers mois les thèmes du contrôle des corps et de l'autodétermination de chacun, se trouvent au centre d'un match politique sans exclusion de coups. A droite comme à gauche on assiste à une compétition dans laquelle se joue à la hausse: en censurant, endiguant et ordonnant, c'est à-dire-niant, soit la liberté de choix, soit l'inexorable quête de satisfaction des désirs qui traverse toute la société.

Nos corps sont encore une fois marchandise d'échange à la merci des campagnes électorales et des jeux de pouvoir qui ont pour objectif de gouverner la vie et prévenir/ administrer les nouveaux conflits, dont l'existence est désormais indéniable dans la réalité.

Contre ces formes de contrôle avancées du gouvernement, de l'Eglise catholique, de toute forme de pouvoir, on propose au débat public et politique une perspective différente: l'autonomie comme prise de position sur laquelle aucune norme civile ou pénale ne peut rien faire; l'autodétermination comme ouverture d'infinies déclinaisons possibles de désirs et de pratiques relationnelles; et la laïcité comme irréductible conflit contre les dogmes obscurantistes et inquisiteur.

On veut se libérer des identités statiques, afin d'expérimenter de nouvelles formes d'autodétermination et de nouvelles possibilités d'expression, changement, croissance ou mise en discussion de nos subjectivités. Même quand il semble que les lois puissent s'ouvrir aux changements de la société, des comportements et des choix, en réalité il y a la volonté de régler chaque aspect de la vie personnelle et sexuelle et de contenir et de limiter les possibilités de choix.

Quelque soit le dispositif de commandement biopolitique, il contient intrinsèquement des formes de discrimination, de répression de la diversité et impose nécessairement des modèles de vie homologués.

Les lois qui gouvernent la vie et la reproduction, qui assignent des rôles publics et privés, et définissent (la licéité non è francese) et les limites admis aux relations, nous concernent tous et pèsent sur l'autodétermination de la liberté sexuelle de chacun.

Il n'est plus possible de réduire les différences inclassables et incalculables à des catégories reconnaissables qui reproduisent un schéma « naturel » et hiérarchique des liaisons humaines.

Si c'est vrai qu'il y a 40 ans la prise de conscience des femmes a mis en relief la contradiction de la neutralité de la citoyenneté universelle, dessinée autour de l'homme blanc, chrétien etc, en ouvrant une fracture dans la représentation des droits de citoyenneté mêmes, en imposant leur leur présence sexuée; c'est de la même façon vrai qu'aujourd'hui cette fracture-là s'est multipliée.

Elle se trouve dans les innombrables rôles et identités cassées par la crise de la citoyenneté et par la modernité liquéfiée. Identités qui se superposent , se cumulent, s'annulent mutuellement. Notre perspective part de la matérialité des conflits qui s'expriment dans les pratiques et qui parcourent les lieux réels où nous vivons. Pratiques dans lesquelles chacun de nous agit en traversant les rôles, les identités mixtes, les dispositions différentes.

Les limites flexibles de la citoyenneté ne sont plus seulement sexuées. Ils se déplacent sans cesse en définissant l'inclusion et l'exclusion, la légitimité et la déviance, la dangerosité et la victimisation: catégories qui insistent sur la peur et sur l'exclusion du différent et qui nous obligent à choisir entre nous enfermer dans des réserves indiennes afin de nous protéger ou dans des cages métropolitaines afin de nous contrôler.

Voici l'ordre et la sécurité dont tout le monde parle pour nous rassurer; mais la seule sécurité que l'on ait, relève de l'autodétermination de chaque sujet, construite à partir de ses désirs et ses exigences, de ses dispositions temporaires ou permanentes.

Nous devons essayer de définir une citoyenneté non-identitaire, flexible, adaptable et donc résistante aux transformations subjectives et historiques dont nous sommes protagonistes et pas spectateurs à chaque instant de notre vie.

venerdì 23 maggio 2008

CHI L'HA VISTA? GIOVEDI' 29 MAGGIO 2008 ore 1630 aula B2 - Scienze Politiche - PD



Con la presentazione di questo libro vogliamo affrontare un tema centrale per l'analisi della costruzione sociale del genere e la riproduzione dei ruoli sessuati nella nostra società: qual è la rappresentazione mediatica della donna, quali cliché e quali forme di potere si svelano ripercorrendo la programmazione televisiva pubblica e privata? Attraverso l'analisi delle trasmissioni televisive seguite quotidianamente da milioni di persone, vogliamo cercare di capire se e quanto il bombardamento di immagini e parole su e delle donne (ma non solo), cui siamo sottoposti senza sosta, condizioni i comportamenti, gli approcci, i giudizi e i discorsi pubblici che ruotano intorno alla sessualità e ai ruoli familiari, all'autodeterminazione e alla violenza.
Questo sarà il primo appuntamento di una serie di incontri dedicati alla costruzione del genere come nodo centrale su cui convergono poteri, desideri, saperi, contraddizioni e, necessariamente, conflitti.
prossimamente su questi schermi........................

mercoledì 30 aprile 2008

FUXIA BLOCK LOOKIN' 4 SPACE

Il fuxia block partecipa alla campagna di liberazione di spazi del Lab. FUO.CO.
Lookin' 4 space significa per noi cercare spazio... un occhio all'immediato e uno all'infinito.
Accendete i vostri sensi, liberate il FUO.CO.!


lunedì 21 aprile 2008

9 MAGGIO 2008 - ACCENDI I TUOI SENSI, LIBERA IL FUO.CO.! SECONDA FESTA FUXIA c/o Stalker

fronte volantino

retro componibile: se completi l'immagine con i pezzi mancanti tu e gli altri 3 vincete un drink gratis!



domenica 20 aprile 2008

mercoledì 19 marzo 2008

IMMAGINI DEL PRESIDIO 16/03/2008

Immagini tratte dal sito del Mattino di Padova


dal sito del Mattino di Padova

martedì 18 marzo 2008

FERRARA SEI INCONCEPIBILE! video del presidio contro ferrara. 16/03/2008, Padova



Ecco il video della straordinaria mobilitazione di domenica 16 marzo a Padova davanti al Palazzo del Comune, contro la presentazione della lista "Aborto? No grazie" di Giuliano Ferrara. Nonostante il palazzo fosse circondato da Celere e carabinieri in assetto antisommossa, il presidio è riuscito a raggiungere il cancello principale aprendo lo striscione "FERRARA? NO GRAZIE! SEI INCONCEPIBILE!".
Grazie a tutti è stato meraviglioso!!!!!

giovedì 13 marzo 2008

FERRARA? NO GRAZIE! SEI INCONCEPIBILE!

Appuntamento domenica 16 marzo ’08 a partire dalle ore 19 in piazza delle Erbe – Padova


Sono mesi che ogni giorno qualcuno prova ad attaccare il diritto fondamentale all’autodeterminazione. Siamo scese nelle strade spesso in questi mesi per rivendicarlo, per dire che la libertà di scelta non può essere toccata.

In principio è stato il Vaticano, con troppe frasi contro l’aborto, poi è stato il momento della politica, che in occasione delle prossime elezioni non manca di strumentalizzare un diritto acquisito con anni di lotte come il diritto ad abortire. I tentativi di modifica della legge 194 si sono fatti più sottili, si gioca sulle parole dicendo che la 194 è una buona legge, ma deve essere applicata integralmente, che si deve permettere alle associazioni antiaboritiste di accedere alle corsie di ginecologia e ai consultori familiari, che si deve rispettare la scelta (forzata?) dei medici obiettori. Tutto questo senza tenere in conto la situazione delle donne che affrontano un percorso come quello dell’aborto, difficile sempre, psicologicamente e fisicamente.

E proprio in questo momento Giuliano Ferrara annuncia di volersi presentare alle elezioni con una lista “Aborto? No, grazie”?

Diciamo no a queste strumentalizzazioni politiche sui nostri corpi, sulle nostre vite.

Ferrara né nessun altro hanno diritto a scegliere al posto nostro cosa fare del nostro corpo. L’abbiamo detto scendendo nelle strade di Chioggia sabato 8 marzo, per far presente al Consiglio Comunale che il loro voto a favore della moratoria antiabortista di Ferrara e i finanziamenti pubblici che hanno dato al Movimento per la Vita sono vergognosi. Soprattutto se messi in relazione con la proposta di legge popolare 3, in Consiglio Regionale in Veneto da mesi che vorrebbe giuridicizzare l’accesso delle organizzazioni antiabortiste nei consultori.

Per tutto questo domenica sera, quando Giuliano Ferrara sarà a Padova per presentare la sua lista, ci prepariamo a contestarlo. L’abbiamo detto annunciando la mobilitazione dell’8 marzo, questa non è che una data, la rivendicazione della nostra autodeterminazione non ha una data di fine.

Padova non è Chioggia! Ferrara? No, grazie.





FuXia block

Collettivo Scienze Politiche

sabato 8 marzo 2008

8 MARZO PER L'AUTODETERMINAZIONE!




critical mass
AUTODETERMINAZIONE CONTRO OGNI FONDAMENTALISMO!
contro le ingerenze clericali su desideri e scelte di ognuno, per riaffermare che la nostra sicurezza non è merce di scambio elettorale ma passa per la consapevolezza e la liberazione dei nostri corpi e della nostra vita.

martedì 4 marzo 2008

giovedì 21 febbraio 2008

GIU’ LE MANI DAI NOSTRI CORPI!


Assistiamo ormai ogni giorno a continui casi di attacco alla 194 e alla libertà delle donne nell'esercizio dei loro diritti fondamentali. Assistiamo ormai ogni giorno all’ingerenza della Chiesa romana nel campo delle scelte individuali e nell'ambito politico. Emblematiche in questo senso sono le polemiche scatenate dall’invito di Ratzinger alla Sapienza per l’inaugurazione dell’anno accademico, polemiche nate dalla legittima opposizione di docenti e studenti alla presenza di un papa che ha fatto dell’attacco all’autodeterminazione il suo cavallo di battaglia, ma che quel giorno, con nostro immenso piacere, è dovuto rimanere dietro le colonne di Piazza San Pietro.

Ma nei giorni scorsi abbiamo assistito inorriditi ad un’escalation di veri e propri assalti verso la libertà di ogni donna, così come di ogni persona, di poter gestire la propria vita ed il proprio corpo: è sufficiente una telefonata anonima a proposito di un aborto clandestino per far irrompere i carabinieri nelle corsie di un reparto di ostetricia dell'ospedale di Napoli. A questo è seguito il sequestro del feto, abortito per ragioni terapeutiche, come previsto dalla legge sull'IVG, e l’interrogatorio alla madre appena uscita dalla sala operatoria.

Una parola sola ci viene spontanea: VERGOGNA!

Nei giorni successivi all’episodio, alla recettività con cui le forze dell’ordine hanno attivato i propri uomini per fare scoppiare il caso, al pm accondiscendente , a Giuliano Ferrara e ai suoi testicoli troppo piccoli abbiamo risposto in migliaia in ogni città d’Italia, e state pur certi che non è finita qui.

Ancora una volta un semplice caso, che però, posto in relazione alle proposte di revisione della 194 (con Ferrara che propone una lista anti-abortista per le prossime elezioni politiche) e con la legge che, proprio qui in Veneto, in Consiglio Regionale sta provando ad approvare da mesi; secondo quanto la legge di iniziativa popolare n. 3 propone, dovrebbero essere ammessi negli reparti di ostetricia e ginecologia, oltre che nei consultori familiari, esponenti dei movimenti anti-abortisti, in prima fila il Movimento per la Vita.

Quello che una donna attraversa quando entra in un consultorio è già estremamente difficile, lo stress psicologico che bisogna affrontare è tanto, e ancora di più quando, come accade in ogni consultorio padovano, ci si imbatte in medici obiettori di coscienza, che quindi possono rifiutarsi, per ragioni deontologiche, di prescrivere la pillola del giorno dopo o autorizzare la procedura di aborto. I dati del Ministero della Sanità, oltre che il buonsenso, dimostrano quanto poco siano vere le parole di questi medici: ma quale donna usa l'IGV come metodo contraccettivo? Come si fa a pensare che una cosa così pesante sia per il corpo che deve subirla, sia per la componente psicologica che entra in gioco possa essere presa sotto gamba? Nel 99% dei casi ci sono condizioni di reale impossibilità di tenere il bambino, complicazioni mediche per la madre o il figlio e cause esterne (stupri, violenze) che portano ad una scelta così traumatica. E invece una ragazza che va a chiedere la pillola del giorno è costretta ad affrontare l'assalto da parte del medico obiettore, sentendosi insultare in un momento che per lei è di estrema debolezza e fragilità. Perché questi medici, che stanno svolgendo un servizio pubblico, non lo dimentichiamo, possono decidere di opporsi alla scelta di una persona che a loro si rivolge in cerca di aiuto? Cosa accade in una situazione come quella padovana in cui nei consultori e in ospedale puoi imbatterti in interi turni senza un medico non obiettore? È evidente che la scelta di questi medici ricade direttamente sulla libertà di scelta delle donne, ed impedisce la garanzia imposta dalla legge 194. Salvo poi ricordare tutti i casi per cui sono obiettori nel loro svolgimento di servizio pubblico, ma poi operano senza problemi nelle cliniche private, e quindi a pagamento. La 194 va difesa, ma la difesa di questa norma, ottenuta con anni di lotte femministe in tutta Italia passa anche per la richiesta di garantire che i servizi necessari possano svolgere la loro funzione integralmente.

Ribadiamo con forza che ogni persona deve poter decidere sul proprio corpo senza costrizioni teologiche di sorta, che la Chiesa non deve avere la possibilità di gestire a piacimento la vita politica di questo Paese, e che la moratoria di Ferrara è un attacco alle libertà civili che in questo Paese sono state conquistate ormai trent’anni fa dalla forza e dalla rabbia che le donne avevano mostrato al ceto politico dell’epoca.

Siamo pronti dunque a scendere di nuovo in piazza per difendere la libertà di ognuno di autodeterminarsi, senza che preti e suore, laici o meno, presenzino nelle corsie degli ospedali e nei consultori.

FuXiA block - Padova

lunedì 28 gennaio 2008

VIETATO DIBATTITO SU LAICITA' A SCIENZE POLITICHE!


Solo pochi giorni fa il governatore Galan e il sindaco Zanonato hanno proposto di invitare il papa all'Università di Padova per sanare il grave attentato alla libertà d'espressione e alla democrazia da parte dei docenti e degli studenti che si erano giustamente opposti alla sua presenza in occasione dell'apertura dell'anno accademico dell'ateneo romano La Sapienza.
Pochi giorni sono passati, e già dobbiamo registrare una nuova, grottesca notizia, confezionata dagli stessi autoproclamati difensori dei valori laici della nostra democrazia: l'ennesima censura di una incontro/dibattito sul tema della "laicità e autodeterminazione" previsto per il 1 febbraio.
La pretestuosa scusa del legalitario preside Todescan questa volta era dovuta alla possibile presenza di esami nelle aule vicine.


Alle 12 appuntamento in giardinetto a Scienze Politiche per difendere la laicità e la libertà espressione dall’oscurantismo clerico-securitario del preside.

L’incontro si terrà lo stesso alle ore 15 come previsto, con o senza autorizzazione.

Ci vediamo a Scienze Politiche

... eppur ci muoviamo...

domenica 27 gennaio 2008




FUXIA BLOCK PRESENTA:

la sapienza libera tutti
CARNEVALE ANTICLERICALE
fuxia party esprimi un desiderio

Happy hour dalle 9:00 alle 11:00
DJ set Sergio WOW (trash) + Dj kind (drum n bass)

confessionale dei desideri;
kit del desiderio per realizzare le tue fantasie;
lotteRIO desideRIO: esprimi un desiderio, sarai premiato;

c\o Stalker, Corso Australia 61 (Padova) ex coyote ugly (zona ex-macello)


GALAN, ZANONATO E MILANESI FATE UN PASSO INDIETRO

La notizia dell’invito del papa all’università di Padova per l’inaugurazione del prossimo anno accademico da parte del governatore Galan e del sindaco Zanonato ci giunge come l’ennesima provocazione all’intelligenza e al buon senso.Avevamo appena iniziato a festeggiare per la saggia e giusta scelta del pontefice di non presentarsi oggi alla Sapienza, quando siamo venuti a sapere della puntualissima boutade dei due illuminati condottieri.

I nostri amministratori sono sempre molto zelanti nel voler dimostrare di essere pronti a chinarsi di fronte agli scranni del potere ecclesiastico, e in questo caso lo fanno cercando di ripulire l’istituzione universitaria dallo smacco di non essere riusciti a zittire il democratico dissenso e la vittoria di buona parte delle intelligenze laiche che, con fatica, fanno ancora vivere gli atenei italiani, nonostante tutto.

La visita del papa a Padova, così come è stato a Roma, non è ben accetta. Non lo è perché il papa rappresenta una delle posizioni più oscurantiste e antistoriche della chiesa; perché guida le ingerenze di un’istituzione religiosa nella vita civile di una democrazia, interferendo sulla nostra libertà di scelta, sui nostri corpi, sulla nostra sessualità. Sembra che i nostri amministratori non si rendano conto che c’è un abisso tra la vita reale e ciò che rappresenta il pontefice.

Ci auguriamo facciano la scelta giusta: un passo indietro.

Un passo indietro sull’entrata del Movimento per la Vita nei consultori, sulla modifica alla 194, sui finanziamenti alle scuole dei preti, sull’omofobia e l’intolleranza di cui Ratzinger si fa fiero portavoce e che sempre più spesso danno spazio a espressioni neofasciste su cui nessuno dei governanti ha mai niente da dire.

Altrimenti saremo costretti, di nuovo, con la massima determinazione, a difendere l’autonomia delle università pubbliche. Saremo costretti a vedere ancora una volta il palazzo del Bo’ blindato dalla celere su loro ordine per impedire agli studenti di entrare ed esprimere il loro legittimo dissenso. Saremo costretti a vedere di nuovo la violenza poliziesca provare a censurare la libertà di parola e di espressione, mentre i suoi fautori se ne riempiono la bocca avida e fetida, come ormai da anni siamo abituati a vedere nella stessa città di Galileo.

Quante volte ancora la ragione, il sapere critico, la libertà e l’autodeterminazione dovranno essere difese dall’arroganza e dalla violenza dei poteri forti e delle loro leggi?

Ribadiamo ancora una volta che l’università deve essere un luogo in cui siano forniti gli strumenti per poter capire e trasformare il nostro presente e non un luogo in cui clericali o imprenditori vari (vedi la Consulta del Territorio istituita dal nuovo Statuto d’Ateneo) possano professare la loro fede.

“E pur ci muoveremo…”

UNIRIOT PADOVA

COLLETTIVO SCIENZE POLITICHE

FUXIA BLOCK

CONTRO IL FAMILY DAY ... SCATENIAMOCI

Video inviato da barattolinochannel

Azione del fuxia block davanti alla basilica del Santo a Padova in occasione della contestazione del family day.

venerdì 25 gennaio 2008

COMUNICATO VIOLENZA SULLE DONNE



MA QUALE PACCHETTO

SE LA VIOLENZA E’ SOTTO IL TETTO

Decine di migliaia di persone sono scese in piazza sabato scorso per denunciare una realtà fin troppo taciuta di quotidiana violenza sulle donne. Pur avendo lanciato il corteo, cosa che da anni non accadeva in Italia, come assolutamente separatista, riservato alle sole donne, la partecipazione è stata molto alta proprio per segnalare il latente problema della violenza domestica, che poche volte, se non solo nei casi che sfociano in cronaca nera, riescono a raggiungere le prime pagine dei giornali. Le donne scese nelle strade della capitale hanno voluto evidenziare come a poco servano le norme contenute nel cosiddetto “Pacchetto sicurezza”, approvato qualche giorno fa dal Consiglio dei Ministri, quando le violenze avvengono principalmente all'interno dello stesso nucleo familiare (7 casi di violenza su 10 avvengono fra le mura domestiche per opera del partner o dell'ex partner). Nella sua versione riveduta e corretta il ddl sulla «certezza della pena» (uno dei quattro che compongono il pacchetto sicurezza) contiene novità importanti anche in tema di violenza su donne e minori. In particolare, in caso di violenza sessuale e tratta, viene estesa la possibilità di ricorrere ad incidente probatorio «protetto», ossia in condizioni ambientali e psicologiche più favorevoli alla vittima, anche alle persone maggiorenni. Il provvedimento introduce inoltre l'aggravante per le violenze sessuali a danno di conviventi o coniugi e pene più severe per i maltrattamenti in famiglia (si passa dai 5 anni di reclusione attualmente previsti a 6 anni), che potranno essere accertati anche attraverso intercettazioni ambientali. Prevista inoltre, nel «nuovo» ddl sulla «sicurezza urbana», l'estensione dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione anche alle donne extracomunitarie vittime di violenza domestica.

Un'italiana su tre è vittima di violenza. Quasi 7 milioni (il 31,9%) le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una abuso fisico o sessuale. Un milione e 400 mila prima dei 16 anni. Se si considera anche quella psicologica la quota sale ad oltre 12 milioni. Sono il 43,2% di quelle sposate, conviventi o fidanzate. Due milioni e 77 mila di loro sono state oggetto di stalking, quel complesso di atti persecutori, sovente accompagnati da minacce e percosse, messi in atto sistematicamente da ex partner. Dati difficilmente commentabili, è duro e incredibile allo stesso tempo confrontarci ancora, oggi, con tali abusi, proprio nella società libera e protetta che così bene viene descritta e fatta passata come verosimile. Una realtà in cui, in effetti, le vittime rimangono sempre le stesse, all'interno di una cultura intollerante e discriminante. Si parla tanto di sicurezza, tanto impegno politico è speso in questo senso tentando di proporre soluzioni che stimolano, invece, la creazione di aggressori e pericoli ad hoc, senza distinguere, e forse senza volere riconoscere, le principali cause di questi abusi. E ben sappiamo come una lettura distorta dello realtà non solo lasci campo libero a mistificazioni e a false interpretazioni, ma soprattutto come non si possa partire da questi assunti per elaborare una strategia che realmente possa evolvere la mentalità comune rispetto a queste questioni. Ogni anno ricorda l'Istat ci sono 74 mila di stupri tra tentati e consumati, oltre 200 al giorno. Nel 67,4% dei casi si tratta di violenza ripetuta, soprattutto in famiglia. Il 91,1% della violenza sessuale è ripetuta. Ciò significa che ci troviamo di fronte ad uno scenario dove le donne sono vittime all’interno delle loro case, vivono con i loro aggressori e sono avvezze ai loro continui soprusi. L'estraneo è autore del 6% degli stupri e i dati smentiscono lo stereotipo secondo il quale la violenza alle donne è un fenomeno che avviene per strada. E quando la violenza avviene al di fuori del nucleo familiare, i responsabili sono comunque parenti, amici, colleghi, datori di lavoro. Le vittime di violenza domestica non ne parlano con nessuno in almeno un terzo dei casi, e solo il 4,9% cerca l'aiuto di forze di polizia, avvocati o magistrati: appena il 7,3% delle vittime ha denunciato le

violenze subite dal partner, tasso che scende ulteriormente fino al 3,4% negli ultimi 12 mesi.

Ha fatto sì notizia la manifestazione di sabato 24 novembre. Ha fatto tornare in mente tante lotte e conquiste ottenute dal movimento femminista, ma valide solo sulla carta. Ma soprattutto ha reso evidente il fatto che molta strada si deve fare in questo senso e che, probabilmente, su qualcosa di strutturale bisogna intervenire per poter cambiare davvero i numeri della violenza femminile e domestica in Italia.

Una violenza in nome dell'antiviolenza quella di sabato, in cui per prime le manifestanti hanno preferito trincerarsi in nome della propria diversità, anziché tentare di aprire una nuova strada, re-impostando un dialogo con la società e soprattutto gli uomini. Continuare a non coinvolgerli equivale a mantenere la volontà di farli rimanere estranei alla faccenda, credendoli incapaci di comprendere la problematica e di essere anche loro per primi soggetti attivi di cambiamento. Ma che senso può avere tutto questo oggi? Non sarebbe, invece, auspicabile porre le basi per un percorso di dialogo e di revisione del modo di combattere questi problemi? Le donne hanno ben chiaro quello che avviene, ce l'hanno davanti agli occhi tutti i giorni. Non crediamo che una manifestazione ed un movimento che esclude a priori, solo per la loro appartenenza biologica all'altro genere, gli uomini possa essere veramente incisivo. Avremmo preferito vedere tanti uomini in piazza sabato, questo sì sarebbe stato un segnale forte di comprensione del problema e di voglia di rinnovamento. Lasciamoci con la speranza che un giorno siano loro stessi a lanciare una manifestazione in favore delle donne, senza aspettare ipocriti mazzi di mimose l'8 marzo e i fiori per la festa della mamma.

FuXiaBlock

FUXIA MAGAZINE 2007




In uscita in rigorosa incostanza temporale
il nuovo numero di "Fuxia Magazine".
All'interno interviste e articoli su
Laicità, Governo dei corpi e Autodeterminazione.
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